titoloMOSTRA
Fondazione Archivio del Moderno
Piscina per la villa di Ettore Tagliabue, Monza, 1950-1951
Giulio Minoletti
Fondo Giulio Minoletti
Ho scelto la Piscina Tagliabue per “la leggerezza dell’atmosfera”, merito delle sculture di Fontana e Tomasini, degli oblò panoramici per l’osservazione degli spettacoli subacquei e dello scultoreo trampolino.
La piscina viene realizzata nel parco della villa del petroliere Ettore Tagliabue a Monza. Minoletti concepisce una forma curvilinea e irregolare, rispettosa della cornice verdeggiante in cui si inserisce; con le sue “linee morbide come le sponde di un lago e la leggerezza dell’atmosfera creata”, come ricorda G.E. Kidder Smith nel suo celebre Italy Builds, quest’opera contribuisce ad accrescere la notorietà dell’architetto anche oltrefrontiera. La piscina si sviluppa per una lunghezza di circa 40 metri ed è rivestita con tessere di mosaico vetroso di colore azzurro in varie gradazioni, con tonalità più intense nella zona di maggiore profondità della vasca (circa 3 metri); qui si trova un muro di contenimento forato da quattro oblò affacciati verso uno spazio all’aperto, in posizione ribassata rispetto al filo dell’acqua e al livello del giardino; da questa posizione gli ospiti della villa possono ammirare le evoluzioni dei nuotatori, uno spettacolo che può essere messo in scena anche di notte grazie all’installazione di riflettori luminosi collocati sotto gli oblò. Due sculture rendono la piscina anche più attraente: il gruppo scultoreo subacqueo in ceramica policroma di Antonia Tomasini e il delfino in ceramica rossa smaltata di Albisola, in grandezza naturale e posto a filo d’acqua, di Lucio Fontana. Il trampolino per i tuffi, dalle forme scultoree, è rivestito in tessere di mosaico vetroso di colore giallo sui fianchi del fusto e di colore nero sul lato con le scale di salita.
01 — Planimetria, sezioni longitudinale e trasversale, elaborato grafico
02 — Disegni di dettaglio degli oblò in cristallo collocati nella parete che separa la parte più profonda della vasca dall’area lounge nel giardino, elaborato grafico
03 — Veduta della piscina con il delfino in ceramica di Albisola di Lucio Fontana e la scultura subacquea in ceramica policroma di Antonia Tomasini, stampa fotografica in b/n, fotografia di Farabola
04 — Veduta della piscina dall’area lounge nel giardino, stampa fotografica in b/n
05 — La scultura subacquea di Antonia Tomasini, stampa fotografica in b/n
_____
Tutte le immagini sono protette da copyright: © ARCHIVIO DEL MODERNO
Edificio per uffici della società American Commercial Company in via Senato 11, Milano, 1947-1949
Marco Zanuso, Roberto Menghi
Fondo Marco Zanuso
Ho scelto gli uffici in via Senato, tra i primi edifici per il terziario realizzati a Milano nel dopoguerra, perché rappresenta un episodio tra i più ragguardevoli dell’intesa tra architettura e arte figurativa.
L’edificio sorge in un lotto d’angolo tra le vie Senato e Sant’Andrea, in una zona centrale di Milano duramente colpita dai bombardamenti, di fronte al secentesco Palazzo del Senato del Richini, oggi sede dell’Archivio di Stato. Destinato a ospitare gli uffici di una società americana, l’edificio si eleva per sette piani, l’ultimo dei quali, arretrato, è destinato a foresteria, oltre ai due interrati che ospitano gli impianti di riscaldamento e condizionamento, le centrali elettrica e telefonica, il garage e la mensa. L’ingresso principale, al piano rialzato, conduce a un atrio che riceve luce da un’ampia apertura in cristallo; il blocco con le scale e gli ascensori è collocato a ridosso della corte. I piani superiori sono destinati agli uffici, con la sala riunioni che funge da perno per l’organizzazione degli spazi. Le facciate, rivestite in lastre di granito rosa di Baveno, sono scandite ritmicamente da serramenti a ghigliottina; pannelli in grès ceramico bruno di Lucio Fontana sono collocati sopra e sotto le finestre. Il fronte principale, asimmetrico, è segnato verticalmente da un’ampia parete in cristallo a filo facciata, parzialmente apribile. Come ricordava Gio Ponti: “Il gioco delle trasparenze anima questa facciata senza rilievi; attraverso la parete in cristallo si intravvedono, ad ogni piano, le fasce orizzontali del pannello in grès ceramico colorato, di Lucio Fontana, e le quinte, trasparenti anch’esse, delle ‘venetian blind’ in acciaio che schermano, all’interno, i serramenti delle finestre”.
01 — Veduta del fronte principale, stampa fotografica in b/n, fotografia di Martinotti
02 — Prospetti, elaborato grafico
03 — Scorcio dell’ingresso in via Senato; sotto le finestre sono collocati dei pannelli in grès porcellanato disegnati da Lucio Fontana, stampa fotografica in b/n
04 — Veduta della vetrata che si svolge lungo il fronte principale, stampa fotografica in b/n, fotografia di Martinotti
05 — Disegno di dettaglio dei serramenti; la facciata rivestita da lastre di granito rosa di Baveno, elaborato grafico
_____
Tutte le immagini sono protette da copyright: © ARCHIVIO DEL MODERNO
Edificio per abitazioni in via Cimarosa 7 a Milano, 1954-1956
Giandomenico Belotti, Sergio Invernizzi con Vittorio Korach e Franco Rege-Gianas (strutture)
Fondo Giandomenico Belotti
Ho scelto l’edificio in via Cimarosa perché, nella composizione della facciata, il tema dell’“unità delle arti” è declinato felicemente, grazie alla convergenza di intenti di Belotti, Invernizzi e Cosentino.
L’edificio occupa un lotto di forma trapezoidale, di esigue dimensioni, tra due costruzioni ottocentesche, e ricuce una fenditura nella cortina edilizia lunga solo 7,60 metri. L’irregolarità del lotto, che si apre a ventaglio verso la corte retrostante, pone vincoli stringenti nell’organizzazione degli spazi interni. L’edificio, con una struttura a telaio in cemento armato, si eleva per otto piani fuori terra e presenta un unico appartamento per piano; gli ambienti di soggiorno vengono disposti lungo via Cimarosa, mentre alle camere da letto e ai locali di servizio viene destinato il lato affacciato verso la corte, parzialmente attrezzato a giardino. I prospetti hanno caratteri diversi: il fronte principale, più estroverso, è totalmente vetrato, il fronte verso la corte, più introverso, è ritmato dal telaio strutturale a vista e da murature di tamponamento in mattoni. Fasce marcapiano in calcestruzzo, con motivi ornamentali in rilievo realizzati da Gino Cosentino, incorniciano i pannelli vetrati, composti da un parapetto fisso in vetro semitrasparente e da serramenti con apertura a bilico verticale. Tendoni di colore giallo schermano dalla luce gli ambienti di soggiorno. Il pilastro in posizione centrale nell’atrio di ingresso presenta un bassorilievo raffigurante animali di Cosentino.
01 — Pianta del piano terreno, elaborato grafico
02 — pianta del piano tipo, elaborato grafico
03 — Veduta del fronte d’ingresso affacciato su via Cimarosa; le cornici marcapiano, in calcestruzzo, presentano motivi ornamentali in rilievo disegnati da Gino Cosentino, stampa fotografica in b/n
04 — Scorcio dell’atrio di ingresso; il pilastro presenta decorazioni in rilievo disegnate da Gino Cosentino, stampa fotografica in b/n
05 — Veduta del soggiorno che riceve luce dalle ampie vetrate a tutta altezza, stampa fotografica a colori fotografia Publifoto
 _____
Tutte le immagini sono protette da copyright: © ARCHIVIO DEL MODERNO
Capanna Minolina, produzione Holiday, 1960-1962
Giulio Minoletti
Fondo Giulio Minoletti
Sviluppato nella stagione del boom economico per rispondere alla richiesta di casette per la villeggiatura relativamente economiche che fossero allo stesso tempo flessibili, assemblabili a secco e smontabili con facilità, il progetto della Capanna Minolina incarna la gioia di progettare di Giulio Minoletti, come suggeriscono i testi di alcuni pieghevoli pubblicitari della Holiday, la società che mette in produzione la capanna e che viene costituita, tra gli altri, dallo stesso Minoletti: “È la vera casa per una vacanza libera e felice; ogni anno può essere rimontata nel luogo che più vi piace; al mare, in campagna, in montagna e con una minima spesa di affitto per pochi metri quadri di terreno, la vostra nuova casa è pronta per accogliervi”. La Capanna Minolina è interamente prefabbricata: ha una struttura in profilati metallici e pareti perimetrali in pannelli di acciaio con interposte schiume poliuretaniche espanse, di elevate proprietà termo-acustiche, ed è fornita completa di arredi fissi e apparecchiature. La pianta, quadrata, occupa una superficie di appena 16 mq, ed è suddivisa in due ambienti: il primo, adiacente all’ingresso e a doppia altezza, ospita il soggiorno, il secondo, destinato ai servizi e soppalcato, comprende un blocco cucina e un armadio in un disimpegno centrale e due locali per il bagno addossati alla parete di fondo. Una scala a pioli conduce alla zona notte nel soppalco.
01 — La Capanna Minolina all’Alpe Devero, stampa fotografica in b/n, fotografia di Publifoto
02 — Pianta, elaborato grafico
03 — Sezione trasversale sul soggiorno, elaborato grafico
04 — Sezione trasversale sulla toilette, elaborato grafico
05 — La Capanna Minolina alla prima “Mostra internazionale della prefabbricazione”, 1962, Palazzo dell’Arte di Milano, stampa fotografica in b/n, fotografia di Publifoto
 _____
Tutte le immagini sono protette da copyright: © ARCHIVIO DEL MODERNO
Poltrona Lady, produzione Arflex, 1951
Marco Zanuso
Fondo Marco Zanuso
Frutto della collaborazione tra Marco Zanuso e i tecnici dell’Arflex, azienda milanese che si costituisce sul finire degli anni Quaranta, la poltrona Lady ha una struttura in metallo e Nastro Cord (un nastro tessilastico brevettato nel 1948) e un’imbottitura in gommapiuma per seduta, schienale e fianchi, perché, come ricorda lo stesso Zanuso, “il sedile non deve essere come un vaso ma possibilmente come un sogno, deve cedere da tutti i lati, e la gommapiuma risponde perfettamente a questa esigenza”. Presentata alla IX Triennale di Milano del 1951, dove ottiene la medaglia d’oro, la poltrona Lady è tra i primi arredi del dopoguerra appositamente pensati per la produzione di serie, grazie alla possibilità di imbottire e rivestire, autonomamente, ciascuno dei quattro componenti per poi passare al loro assemblaggio in seguito. Non è un caso che Zanuso impieghi, come strumento di verifica e di controllo del progetto, un metodo di rappresentazione con tre proiezioni sovrapposte (pianta, prospetto e sezione) mutuato dal lavoro dei progettisti di carrozzerie di automobili, un settore industriale con cui l’architetto entra in contatto proprio in quegli anni.
01 — Proiezioni sovrapposte della poltrona: pianta, veduta frontale e veduta laterale, elaborato grafico
02 — La poltrona, realizzata in legno, nastrocord e gommapiuma; bracciolo, seduta e schienale sono sezionati per mostrare l’imbottitura in gommapiuma a spessore differenziato, stampa fotografica in b/n, fotografia di Farabola
03 — I componenti della struttura della poltrona, materiale a stampa
04 — La poltrona vista di spalle e di fianco, stampa fotografica in b/n
05 — Copertina della rivista “Domus” (gennaio 1953) con poltrone Lady e Senior di produzione Arflex, materiale a stampa
 _____
Tutte le immagini sono protette da copyright: © ARCHIVIO DEL MODERNO