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Fondazione MAXXI
Concorso nazionale per il progetto di una stazione di servizio della ESSO
(1° premio), 1970 – 1971
Vittorio De Feo con F. Aggarbati, C. Saggioro, A. Vigni Andrea.
Fondo Vittorio De Feo
Negli anni Settanta le grandi aziende petrolifere indicono una serie di concorsi per la progettazione di nuovi impianti di servizio che chiamano a raccolta alcuni tra i massimi protagonisti della scena architettonica italiana, producendo esiti di assoluta eccezione ed originalità, dopo una lunga stagione di tipologie standardizzate. Nel 1970 Vittorio De Feo si aggiudica il primo premio nell’ambito del concorso bandito dalla Esso con un progetto fondato sulla piena integrazione di valenze architettoniche, plastiche e grafiche con l’obiettivo di esaltare l’emblematicità della forma dell’edificio, indifferente ai caratteri del luogo. In base a tale scelta lo stesso logo Esso diventa principio generatore della struttura architettonica, che si traduce a sua volta in segnale pubblicitario. L’evidente contaminazione dell’universo architettonico con quello grafico-pittorico comporta inoltre un’esaltazione dell’aspetto ironico e disincantato del lavoro di De Feo. L’elemento base della composizione consente una notevole versatilità dell’impianto. La costruzione è prevista in struttura metallica leggera e rivestimento in plastica o lamiera.

 

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01 — Tavola di concorso, s.d., serigrafia
02 — Schizzi di studio, s.d., matita, matite colorate, pennarelli su carta da lucido
03 — Modello di progetto,1970, legno, legno di balsa, materiale plastico
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Tutte le immagini sono protette da copyright: © FONDAZIONE MAXXI
Concorso per la nuova Stazione Termini (I premio ex aequo), Roma, 1947 – 1950
Eugenio Montuori con L. Calini
Fondo Eugenio Montuori
Nel 1947 il Ministero dei Trasporti indice un concorso ”Per il progetto di completamento del fabbricato viaggiatori della nuova Stazione di Roma Termini”. Questo prevedeva che il nuovo fabbricato dovesse funzionare in maniera completamente indipendente dagli edifici esistenti. Nel 1948 lo studio Calini Montuori vinse, ex aequo con il gruppo Vitellozzi, Castellazzi, Fadigati, Pintonello, il primo premio per la nuova stazione Termini di Roma, insieme redassero il progetto definitivo e l’opera fu conclusa per il giubileo del 1950. Il progetto Calini-Montuori, il cui motto era “Servio Tullio prende il treno” per la vicinanza ai ruderi delle mura romane, riesce a superare, proprio attraverso l’azzardo strutturale della pensilina rampante che si proietta sulla piazza, il confronto con la storia antica e perciò diventa auspicio di rinnovamento urbano. Il fabbricato per i viaggiatori con il nuovo atrio e la nuova biglietteria completano il sistema di edifici che compongono l’intero corpo della stazione. L’elemento più caratterizzante è senza dubbio la copertura ondulata lunga 53 metri con uno sbalzo di 19, retta da nervature in cemento armato e composta da asole vetrate che portano la luce naturale all’interno della biglietteria e dell’atrio.

 

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01 — Prospettiva interna, s.d., stampa fotografica in b/n
02 — Vista esterna dall’alto, s.d., stampa fotografica in b/n
03 — Modello di progetto, s.d., stampa fotografica in b/n
04 — Particolare del modello, s.d., stampa fotografica in b/n
05 — Vista dall’alto della costruzione della pensilina, s.d., stampa fotografica in b/n
06 — Vista della pensilina e delle Mura Serviane, s.d., stampa fotografica in b/n
07 — Particolare della vetrata sul fronte, s.d., stampa fotografica in b/n
08 — Vista interna delle vetrate sul fronte, s.d., stampa fotografica in b/n
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Tutte le immagini sono protette da copyright: © FONDAZIONE MAXXI
La Palazzina Romana
La cosiddetta palazzina è una tipologia tutta romana con la quale si sono cimentati tutti i più attivi tra gli architetti e gli studi professionali del dopoguerra. Ben lungi dall’essere un tipo standardizzato, pur se strettamente incardinata nelle prescrizioni dei piani rego­latori, la palazzina diventa l’espressione della crescita urbana coincidente con il boom economico. La variante del PRG del 1907, applicata negli anni ’20, consente ai proprie­tari delle aree inizialmente destinate a villini di incrementare la cubatura e l’altezza dei fabbricati: la tipologia che ne deriva è proprio la matrice di sviluppo della palazzina anni ‘50. Successivamente al 1931 la palazzina viene “istituzionalizzata” e si dà avvio a sperimentazioni formali, distributive e stilistiche, ispirate dai molteplici influssi culturali dell’epoca. La palazzina, con i suoi quattro prospetti autonomi e il distacco dai confini, disegna un tessuto urbano frammentario ed elementare. Occasione di lavoro per molti architetti moderni, viene presto a costituire la nuova cellula della città, sia nei nuovi quartieri borghesi, sia in larghi brani della periferia, di cui ridefinisce i tessuti.
Edificio polifunzionale su via Campania, Roma, 1961-74
Studio Passarelli con P. Cercato, M. Costantini, E. Falorni, E. Tonca;
strutture: E. Giangreco
Fondo Studio Passarelli
L’edificio è uno dei primi esempi di architettura polifunzionale, che comprende usi commerciali, direzionali e residenziali. E’ organizzato su una struttura a maglia quadrata con pilastri in cemento armato quadrangolari e un vuoto centrale per gli impianti. Dal piano terreno è possibile, attraverso delle asole, l’affaccio sul piano interrato, mentre i piani intermedi, delimitati dal rivestimento in vetro brunato che segue l’andamento non ortogonale delle strade, riflettono le Mura Aureliane di pari altezza. I piani superiori al livello delle Mura, con gli aggetti e le rientranze degli appartamenti-ville anche su più livelli, presentano fasce-fioriere in cemento e graniglia, infissi in legno naturale e metallo, pannelli in gres smaltato e brise-soleil orizzontali in cemento che sottolineano l’orditura strutturale dei pilastri. Le terrazze costituiscono dei veri e propri giardini pensili.

 

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Palazzina Federici in Via San Crescenziano (già Tor Fiorenza), Roma, 1954-1951
Vincenzo Monaco Amedeo Luccichenti
Fondo Vincenzo Monaco Amedeo Luccichenti
La palazzina, opera di Vincenzo Monaco e Amedeo Luccichenti, si sviluppa su sei piani, con due appartamenti per piano ed il corpo scala plasticamente proiettato verso via San Crescenziano, cerniera compositiva del progetto.  Nel prospetto principale la semplice volumetria dell’edificio è scavata da logge poco profonde che si proiettano verso via Salaria attraverso lunghi balconi, caratterizzati da una mensola principale, con un’orditura secondaria disposta a lisca di pesce. La configurazione planimetrica, e le finestre a nastro che si sviluppano sui prospetti della palazzina, sono di chiara ispirazione lecorbusiana.
Particolarmente interessante è la soluzione d’ingresso: tramite una strada privata si giunge ai garage, che seguono la conformazione stradale con una leggera curva. L’accesso alla palazzina si inserisce nel corpo dei garage, tagliandolo a metà. Le autorimesse sono volumetricamente indipendenti e si caratterizzano per la copertura decorata da Giuseppe Capogrossi.

 

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01 — Modello di progetto, s.d., cartone, legno, acetato
02 — Particolare del modello di progetto, s.d., cartone, legno, acetato
03 — Pianta piano terreno, 1961-1963, matita, inchiostro di china su carta da lucido
04 — Prospetto su via Campania, s.d., inchiostro di china su carta da lucido
05 — Prospetto sul distacco, 1961-1964, matita, inchiostro di china su carta da lucido
06 — Prospetto su Via Romagna, 1961-1964, matita, inchiostro di china, retini su carta da lucido
07 — Dettagli infissi soggiorno. Stralcio di pianta, prospettiva dell’ingresso, 1961- 1963, inchiostro di china, pennarelli, matita su carta da lucido
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Tutte le immagini sono protette da copyright: © FONDAZIONE MAXXI
01 — Veduta esterna dell’edificio, s.d., stampa fotografica in b/n
02 — Vista esterna dall’alto, s.d., stampa fotografica in b/n
03 — Prospetto su via Salaria, s.d., stampa fotografica in b/n
04 — Prospetto interno, s.d., stampa fotografica in b/n
05 — Prospetto interno, s.d., stampa fotografica in b/n
06 — Particolare del corpo scala, s.d., stampa fotografica in b/n
07 — Particolare dei balconi su via Salaria, s.d., stampa fotografica in b/n
08 — Particolare dell’atrio di ingresso con l’opera di Giuseppe Capogrossi, stampa fotografica in b/n
09 — Pianta del piano garage, studio della pavimentazione di Giuseppe Capogrossi, s.d., matite, matite colorate su carta da schizzi
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 Tutte le immagini sono protette da copyright: © FONDAZIONE MAXXI
Sistemazione e arredamento del negozio Olivetti, Venezia, 1957 – 1962
Carlo Scarpa
Fondo Carlo Scarpa
Il periodo che va dal 1945 al 1960 è di galoppante crescita per tutta l’economia occidentale. Adriano Olivetti ne coglie i frutti con una grande espansione mondiale sia attraverso le forniture d’ufficio, macchine e anche mobili, sia cavalcando i consumi privati. L’affidamento di questo progetto a Carlo Scarpa segue a breve giro il conferimento, nel 1956, del premio Olivetti per l’architettura allo stesso Scarpa. Lo spazio individuato da Adriano Olivetti è uno spazio di proprietà delle Assicurazioni Generali in Piazza San Marco: il negozio doveva essere un prestigioso “biglietto da visita” per l’Olivetti ed era destinato non alla vendita dei prodotti quanto piuttosto all’esposizione. Il vano è stretto e lungo (20m x 4m), non abbastanza alto per permettere la realizzazione di due piani, ma Scarpa tramite una partizione orizzontale, con La scala a lastre sospese in marmo di Aurisina, raddoppia parzialmente i livelli senza compromettere l’interezza dell’ambiente. Il vano d’ingresso, posto lateralmente rispetto alla vetrina sulla piazza, è chiuso da un cancello in ferro intrecciato. All’interno la pavimentazione è caratterizzata con un pavimento di tessere in pasta vitrea di murano. Una vasca in pietra nera appena rilevata dal pavimento e riempita a filo d’acqua riflette la scultura di Alberto Viani in bronzo dorato “Nudo al sole”. Le balconate sostenuti da travi reticolari e i rivestimenti al piano inferiore sono in legno di teak, così come le transenne scorrevoli, teak e palissandro, schermano le aperture a forma di occhio visibili sul prospetto che dà sulla piazza. I pilastri sono lastre di pietra sbrecciate in testa. L’illuminazione artificiale è realizzata tramite scatole in vetro opacizzato e lampade in ebano scorrevoli su aste di acciaio inossidabile.

 

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01 — Le superfici trasparenti delle vetrine dall’esterno del negozio sulla Corte del Cavalletto, s.d., stampa fotografica in b/n
02 — Il prospetto laterale sulla corte del Cavalletto, s.d., stampa fotografica in b/n
03 — Dettaglio del cancello sull’ingresso, s.d., stampa fotografica in b/n, fotografia di Paolo Monti
04 — Vista della scala, s.d., stampa fotografica in b/n, fotografia di Paolo Monti
05 — Particolare della scala, s.d., stampa fotografica in b/n 06 — Vista dall’alto dell’interno s.d., stampa fotografica in b/n, fotografia di Paolo Monti
07 — Piano delle balconate, dettaglio del rivestimento scorrevole, s.d., stampa fotografica in b/n
08 — Vista interna della doppia altezza, dettaglio rivestimento pilastro, s.d., stampa fotografica in b/n, fotografia di Mario Giacomelli
09 — Particolare della scala e della pavimentazione, s.d., stampa fotografica in b/n
10 — Il logo Olivetti disegnato da Marcello Nizzoli, all’ingresso del negozio in Piazza San Marco, s.d., fotografia in b/n
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